Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 05 novembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

L’attivazione dei neuroni della VTA, associati a piacere e ricompensa, ha causato il risveglio dall’anestesia generale. Che la dopamina promuova la veglia è nozione ormai classica, ma quali siano specificamente i circuiti dopaminergici che regolano il risveglio non è chiaro. Norman Taylor e colleghi, con una selettiva stimolazione optogenetica dei neuroni a dopamina dell’area tegmentale ventrale (VTA), hanno determinato la rianimazione e la ripresa del comportamento cosciente in topi sottoposti ad anestesia generale. [Cfr. Taylor N. E., et al. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.1614340113, Oct. 24, 2016].

 

In un modello standard di ictus la lercanidipina ha esercitato un marcato effetto neuroprotettivo. La lercanidipina, oltre ad agire bloccando i canali del Ca2+, presenta proprietà antiossidanti, anti-infiammatorie e anti-apoptotiche, che sono state sperimentate nel modello di ictus ischemico per occlusione dell’arteria cerebrale media da Gupta e colleghi. Lo stress ossidativo, l’infiammazione e la perdita di neuroni per morte cellulare programmata (apoptosi), ossia i processi fondamentali del danno da ictus ischemico, hanno fatto registrare un’attenuazione così rilevante da giustificare il prosieguo della sperimentazione per l’impiego clinico [Cfr. Exp Neurol. – AOP doi: 10.1016/j.expneurol.2016.10.014, 2016].

 

Terremoto e Tsunami aumentano il rischio di demenza. Dopo disastri naturali come il terremoto del Giappone del 2011 e il maremoto, è stato rilevato un rischio accresciuto di demenza. Lo studio di una popolazione che includeva 3566 sopravvissuti di età superiore ai 65 anni ha anche accertato che la gravità del danno abitativo era strettamente correlata all’entità del declino cognitivo. Sarebbe importante sapere se gli effetti negativi di stress, disagio e perdita di riferimenti sono mediati dallo sviluppo di una depressione involutiva. [Cfr. Hikichi H., et al., PNAS USA – AOP doi: 10.1037/pnas.1607793113, 2016].

 

Il cervello, adattandosi alle piccole disonestà consente le grandi trasgressioni. Per quanto possa essere spiacevole rilevarlo, la disonestà è parte integrante della nostra realtà; onnipresente in campi che vanno dalla politica alla finanza, dal commercio alle relazioni interpersonali. Lo studio del comportamento delinquenziale ha storicamente documentato una numerosa casistica di persone che dall’osservanza abituale di un preciso codice morale, per piccoli passi progressivi di autoindulgenza, compromessi e accondiscendenza, sono poco a poco giunte fino a condotte criminali. Ora, uno studio ha individuato un correlato neurofunzionale di questo shifting progressivo in un processo di adattamento. L’impegno in comportamenti disonesti a proprio vantaggio, nei volontari partecipanti agli esperimenti, cresceva con la ripetizione delle prove. Lo studio del cervello mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha dimostrato che il segnale di attivazione dei neuroni dell’amigdala che rispondono al comportamento disonesto andava riducendosi parallelamente alla pratica della disonestà, mostrando un adattamento progressivo fino alla scomparsa della segnalazione, come se si trattasse di una condotta lecita ordinaria. Questo meccanismo biologico supporta il rischio di uno slippery slope, che porta quasi insensibilmente a scivolare da piccoli atti di disonestà a grandi trasgressioni. [Cfr. Neil Garrett, et al. The brain adapts to dishonesty. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/nn. 4426, 2016].

 

Individuati meccanismi delle differenze sessuali nell’ictus ischemico cerebrale. Gli studi epidemiologici riportano dimensioni dell’infarto cerebrale minori nelle donne, che presentano una sintomatologia più lieve, ma le ragioni fisiopatologiche di queste differenze non sono state fino ad ora accertate. Morrison e Filosa sostengono che le differenze fra i sessi si possono spiegare con i differenti comportamenti delle cellule gliali subito dopo un infarto ischemico. Infatti, dopo l’occlusione dell’arteria cerebrale media del topo, si rilevano marcate e caratteristiche differenze nelle risposte di astrociti e microglia. [Cfr. Neuroscience 339:85-99, 2016].

 

Il sesso sarà una variabile biologica sempre considerata nella ricerca biomedica. L’erronea convinzione che le differenze fra i sessi fossero del tutto trascurabili ha portato, per ragioni pratiche, ad uno straordinario numero di studi condotti, ad esempio, solo con ratti maschi. Nella sperimentazione clinica si è verificato un caso del tutto opposto: un grande numero di studi sull’efficacia degli antidepressivi SSRI è stato condotto su campioni costituiti prevalentemente da donne, per il maggior numero di diagnosi di depressione nel sesso femminile e, verosimilmente, per una maggiore disponibilità delle donne affette da disturbi depressivi a partecipare a studi clinici controllati. Solo dopo decenni di uso terapeutico ci si è accorti dell’efficacia minore negli uomini e, dopo studi di verifica, è risultato che nel sesso maschile sono più efficaci i vecchi inibitori della ricaptazione non selettivi, quali imipramina ed amitriptilina, che accrescono la disponibilità sinaptica delle catecolamine e, in particolare, della noradrenalina, oltre a quella della serotonina.

Studi recenti di analisi delle differenze sessuali hanno rilevato in varie fasi dello sviluppo e della maturazione dell’encefalo che maschi e femmine presentavano molte differenze significative. Su questa base si auspica l’adozione del criterio secondo cui il sesso costituisca una variabile biologica fondamentale, al pari dell’età, quale standard per tutta la ricerca biomedica, oltre che nella neuropsicofarmacologia [Cfr. Neuropsychopharmacology - AOP doi: 10.1038/npp.2016.215, 2016].

 

La rilettura de “La Ricerca dello Spirito nel Cervello” ha riavviato il dibattito e la riflessione sull’argomento. La scorsa settimana (v. “Notule” del 29-10-16) è stata promossa la rilettura dello studio pubblicato nella sezione “IN CORSO” del sito, allo scopo di definire ambiti di approfondimento ai quali dedicare gruppi di studio. La decisione, di comune accordo fra credenti e non credenti, di accantonare la discussione sulle ragioni della fede e sulle ragioni dell’ateismo e dell’agnosticismo, ha facilitato l’approfondimento sul valore dei correlati neurofunzionali delle esperienze spirituali, sia mistiche sia più in generale religiose o attinenti a vissuti interpretati nei termini di una fede. Il modo in cui considerare i correlati sta sollevando problemi interessanti di metodo e di merito che interessano più in generale la questione dell’elaborazione teorica nelle neuroscienze.

 

Notule

BM&L-05 novembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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